Hai mai visitato il Louvre a Parigi? È un museo enorme, con migliaia e migliaia di opere di valore immenso. Una delle più famose in assoluto è la Gioconda di Leonardo da Vinci. Non potresti fotografarla, perché il servizio di sicurezza te lo impedisce, ma chiunque – in tempi COVID-free – riesce a “rubare” uno scatto nella folla. Eppure quella foto non sarà mai la vera Gioconda.
Con un misto di soddisfazione e insoddisfazione concludi la visita e passi dall’immancabile shop & bookstore. Tra le varie cianfrusaglie, trovi svariate riproduzioni della Gioconda. Bellissime, sembrano il dipinto originale! Ne compri una spendendo 15 €, pensando di sfoggiarla in casa. Eppure nemmeno quella sarà la vera Gioconda.
Un concetto simile, trasportato al digitale, descrive i NFT, non-fungible tokens. In parole semplici, possiamo definirli oggetti digitali resi unici in virtù di una loro speciale registrazione su un registro basato su blockchain. Possono essere replicati milioni di volte – come le copie della Gioconda nel bookstore del Louvre -, ma non saranno mai il file originale registrato.

Cosa significa «non fungible token»?
Facciamo un passo indietro. Fin dalle scuole superiori, studiando diritto, si scopre la differenza tra oggetti fungibili e non fungibili.
Dizionario alla mano, scopriamo che gli oggetti fungibili sono
Beni che, non avendo specifica individualità, possono tenere l’uno il posto dell’altro agli effetti giuridici.
Una banconota da 10 € è un oggetto fungibile, perché può essere scambiata con qualsiasi altra banconota da 10 €. Oppure con due banconote da 5 € (i beni fungibili possono essere anche divisibili). Una brioche alla marmellata è un bene fungibile a sua volta: al bancone del bar puoi scegliere tra diverse brioches identiche, sapendo che una vale l’altra.
Gli oggetti non fungibili, invece, hanno una caratteristica ben definita: l’unicità. La Gioconda di Leonardo Da Vinci – così come tutte le opere d’arte – è un bene non fungibile, perché di originale ce n’è una sola. Ma anche un’automobile è un bene non fungibile, perché le sue caratteristiche (marca, modello, colore, optional, ecc.) sono pressoché uniche: quando scegli un’auto, tendenzialmente scegli proprio quella automobile, non un’altra.
I NFT, non-fungible tokens si riferiscono a questi ultimi: beni (o oggetti) non fungibili, quindi unici e indivisibili.

Cosa sono i NFT?
Un NFT, semplificando, è un certificato di proprietà digitale relativo a un oggetto non fungibile. Non è l’oggetto stesso, è un documento a esso legato, ma distinto. È come avere il certificato di proprietà della Gioconda, un documento che attesta che la proprietà dell’opera di Leonardo Da Vinci è del Museo del Louvre di Parigi.
Ringraziamo la blockchain: come funzionano i non-fungible tokens
I NFT sono certificati digitali: in quanto tali sono memorizzati da qualche parte in internet. Ma dove? Su una blockchain, ossia un registro “a blocchi concatenati” immutabili, distribuito tra tutte le persone che utilizzano quel medesimo registro.
Per esempio, la blockchain della valuta elettronica (o meglio: della cryptovaluta) Ethereum contiene anche svariati NFT. Significa che il registro degli utenti di Ethereum contiene dei blocchi dedicati a certificati di proprietà di beni digitali.
Cosa può essere un NFT? Alcuni esempi
Gran parte di ciò che è digitale può essere associato a un NFT, rendendo così unico quel tale oggetto.
Facciamo un esempio: in un momento estrema creatività scatti una foto del panorama che vedi dalla finestra di casa tua. Per divertimento operi un fotoritocco in Photoshop aggiungendo un dinosauro alla foto. Che simpatia, mamma mia! Poco importa: hai creato un file. A questo file puoi associare un NFT tramite le procedure di una delle svariate piattaforme che permettono di farlo (per esempio Rarible). In questo modo il NFT associato al tuo dinosauro renderà unica la tua mirabile opera d’arte digitale: puoi vendere quel certificato (sempre su Rarible) e racimolare qualche crypto-soldo.
Probabilmente la tua simpatica opera d’arte sarà scaricata e diffusa da simpatici appassionati di dinosauri. Potrebbero esistere, quindi, decine o centinaia di copie dello stesso file. Non è importante: il NFT sarà collegato solo alla prima copia del file, quello che hai creato tu. Questo file, insomma, potrà anche essere replicato, ma ce ne sarà sempre una copia unica. Come la Gioconda.
E, come per le opere d’arte vere e proprie, si innesca il meccanismo dei collezionisti.
just setting up my twttr
— jack⚡️ (@jack) March 21, 2006
Questo è il primo tweet della storia. Lo ha scritto il fondatore di Twitter, Jack Dorsey, il 21 marzo 2006. Per celebrare i suoi primi 15 anni, questo tweet è stato… venduto. Sì, hai capito bene: qualcuno ha acquistato un tweet (non un libro, un vestito, un servizio on-line… no, un tweet). O meglio: è stato venduto il NFT collegato a questo tweet. Pagandolo 2,9 milioni di dollari. Sì, hai capito bene.

E questo collage di foto? Si chiama «The first 5000 days» ed è opera dell’artista americano Mike Winkelmann, meglio noto come Beeple. La casa d’aste Christie’s ha messo all’asta il NFT di quest’immagine digitale. Il risultato? Il 16 febbraio 2021 un acquirente ha pagato 69,3 milioni di dollari per acquistare il NFT dell’opera, poco meno delle più celebri opere di Monet o Renoir. Sessantanovemilioni.
Un’altra applicazione dei non-fungible tokens è nei videogiochi: alcuni elementi utili al gioco (per esempio un’arma digitale, la chiave per aprire una porta virtuale, eccetera) possono essere messi in vendita come NFT. Possono esserci, per esempio, 100 chiavi digitali per aprire il forziere di un gioco on-line e ognuna di esse può essere associata a un NFT. Solo 100 oggetti unici, rarissimi. Costosissimi.

Quali sono le reali novità dei NFT?
Bella domanda. L’opera d’arte di Beeple si trova anche in questa pagina, così come il tweet di Jack Dorsey o il gattino arcobaleno. Cosa cambia da un normale file che circola in rete? Ci facciamo aiutare da una tabellina.
File con NFT | File normale |
---|---|
È un file unico, perché non possono esserci due NFT uguali | Ogni copia del file è come se fosse l’originale (pensa a un file MP3 o a un PDF) |
La proprietà del file con NFT è pubblica e verificabile | La proprietà di un file è mantenuta su server ed è visibile solo da chi gestisce quest’ultimo |
Un NFT legato a una certa blockchain può essere commercializzato ovunque si utilizzi quella blockchain (per esempio comprandolo con Ethereum o Bitcoin) | Un oggetto digitale può essere commercializzato solo sulla piattaforma che lo mette in vendita (per esempio un MP3 su Spotify, un biglietto su TicketOne, ecc.) |
NFT e diritto d’autore, al servizio di arte e creatività digitali
Il diritto d’autore riconosce all’autore di un’opera (per esempio un libro) una serie di diritti di tipo morale o economico. Quando scarichi una canzone famosa da YouTube, generalmente commetti un’infrazione al diritto d’autore perché non riconosci alcunché a chi quella canzone l’ha scritta e composta. Lo stesso dicasi per una bella foto o per un video. Chi crea un’opera la può registrare negli uffici preposti (per esempio nella SIAE, Società Italiana Autori ed Editori) e, grazie a tali enti, veder tutelati i propri diritti d’autore. Ma le infrazioni, soprattutto on-line, sono diventate normalità.
Cosa cambia con i NFT?
Con i non-fungible tokens è possibile tracciare in modo preciso l’autore di un’opera digitale, potendo inoltre risalire a tutte le volte in cui alcuni diritti d’autore sono stati ceduti. Anche la SIAE, dal 24 marzo, ha annunciato una nuova tutela per i NFT italiani. Potendo abbinare alcuni diritti economici all’uso delle opere d’arte digitali (tramite lo smart contract del NFT), sarà anche possibile retribuire gli autori di tali opere.
Cosa compra davvero chi acquista un NFT?
Chi compra un non-fungible token non acquista l’oggetto digitale, ma il suo certificato di proprietà. Di conseguenza, l’acquirente non sarà il proprietario dell’opera, che potrà continuare a circolare in rete; allo stesso modo, l’acquirente non potrà sfruttarne i diritti d’autore essendo tali diritti in possesso dell’autore dell’opera. Quest’ultimo quindi potrà anche far pagare il download di una canzone legata a un NFT, ma non potrà vendere altri non-fungible tokens collegati alla stessa opera.
Valore digitale: ecco perché si commerciano non-fungible tokens
A questo punto può sorgere una domanda: che senso ha produrre, vendere e comprare NFT? Se di un file posso comunque disporre a piacimento, perché c’è gente che spende milioni di dollari per un NFT? Detta in altri termini: perché si vendono NFT? Le risposte sono varie:
- per fare soldi. La creazione di opere d’arte digitali può diventare a tutti gli effetti una nuova professione, nuova frontiera dell’arte e della creatività. E gli artisti possono guadagnare vendendo i certificati di proprietà delle proprie creazioni, i loro NFT. Lo stesso vale per chi produce elementi utili a un videogame;
- per far circolare un’opera digitale su un mercato, dandole visibilità;
- per collezionismo digitale. Come per il collezionismo di opere d’arte, i soldoni girano proprio qui.
Chissà quante altre applicazioni potranno avere i non-fungible tokens. Chi vivrà, vedrà!

Giovani ed educazione, social media, web e comunicazione. A caccia del buono e del bello, ma con poca mira. Papà. Giornalista.